NUOVO
CAPITOLATO GENERALE - CIRCOLARE ANCE
(ART.
3, COMMA 5, LEGGE N. 109/94)
L'art.
1 precisa il contenuto del Capitolato generale, che viene definito "la
disciplina regolamentare dei rapporti tra le amministrazioni aggiudicatrici e i
soggetti affidatari di lavori pubblici".
Viene
dunque ribadita espressamente la natura regolamentare (e non di clausole
generali di contratto) che la giurisprudenza riconosceva unanimemente anche al
Capitolato generale d'appalto per le opere del Ministero dei Lavori Pubblici
adottato con D.P.R. n. 1063 del 1962.
La
natura regolamentare del nuovo Capitolato è del resto stabilita dalla stessa
Legge n. 109/94, laddove ne prevede la adozione con Decreto del Ministro dei
Lavori Pubblici ai sensi della Legge n. 400 del 1990 (art. 3, comma 5) e ne
stabilisce l'applicabilità a tutte le amministrazioni aggiudicatrici, di cui
all'art. 2, comma 2, lett. a), con ciò determinando una rilevante differenza
con il Capitolato del 1962: quest'ultimo, infatti, era immediatamente
applicabile solo ai lavori di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici,
mentre le altre stazioni appaltanti (ad es.: i comuni) potevano ad esso fare
riferimento richiamandolo nel contratto ed in tal caso le disposizioni
capitolari divenivano clausole contrattuali.
Una
tale situazione è oggi possibile per i soggetti aggiudicatori, di cui all'art.
2, comma 2, lett. b) e c) della Legge n. 109/94, ai quali il Capitolato
adottato con D.M. n. 145/2000 potrebbe applicarsi solo se richiamato in
contratto.
Con
la natura regolamentare del Capitolato mal si concilia la norma di cui al comma
2, secondo cui le disposizioni capitolari devono essere espressamente
richiamate nel contratto di appalto, richiamo che, evidentemente, è da
intendersi in senso generico al Capitolato nel suo insieme e non riferito ai
singoli articoli.
Dalla
natura regolamentare deriva, infine, il carattere inderogabile delle
disposizioni di Capitolato, le quali si sostituiscono di diritto alle eventuali
clausole difformi contenute nei contratti o nei Capitolati speciali.
TUTELA
DEI LAVORATORI
L'art.
7 del Cap. gen. riproduce, con alcune novità, le previsioni contenute nell'art.
19 del DPR n. 1063/1962.
In
quest'ottica, nel confermare la richiesta della stazione appaltante di una
ritenuta dello 0,50% sull'importo netto dei lavori, a garanzia dell'osservanza
delle norme e delle prescrizioni del CCNL e delle leggi e regolamenti sulla
tutela e sicurezza dei lavoratori, la norma stabilisce inoltre che la stazione
appaltante può corrispondere direttamente gli oneri previdenziali ed
assicurativi, a richiesta degli enti competenti (ivi compresa la Cassa Edile),
in caso di accertate inadempienze dell'impresa (art. 7, comma 3).
Le
ritenute di garanzia sono svincolate all'atto di liquidazione finale dei
lavori, dopo l'approvazione del collaudo provvisorio, semprechè gli enti
suddetti non segnalino eventuali inadempienze, entro 30 giorni dal ricevimento
della richiesta a tal fine effettuata dal responsabile del procedimento.
Si
dispone altresì che il responsabile del procedimento, ove richiesto, debba
comunicare per iscritto agli enti previdenziali ed assicurativi, l'avvenuta
emissione di certificati di pagamento (art. 7, comma 2).
SPESE
DI CONTRATTO, DI REGISTRO ED ACCESSORIE
L'art.
8 del Cap. gen. riproduce l'originaria disciplina in materia contenuta
nell'art. 9 del DPR n. 1063/1962 e va necessariamente coordinato con quanto
previsto all'art. 112 del Regolamento generale.
In
virtù della disciplina che ne risulta, sono a carico del soggetto esecutore dei
lavori le spese di bollo e registro, quelle della copia del contratto, dei
documenti e disegni di progetto, nonché le spese di bollo inerenti agli atti
occorrenti per la gestione del lavoro dalla sua consegna fino all'emissione del
certificato di collaudo provvisorio o di regolare esecuzione.
La
norma di capitolato tiene, peraltro, conto di possibili variazioni del valore
del contratto al termine dei lavori: in tal caso, se il valore è maggiore, il
pagamento della rata di saldo è subordinato alla dimostrazione del versamento
della maggiore imposta di registro da parte dell'appaltatore.
CONSEGNA
DEI LAVORI
L'art.
9 del Cap. gen. d'appalto disciplina il comportamento dell'appaltatore
nell'ipotesi di ritardata consegna dei lavori, da parte della stazione
appaltante, modificando solo parzialmente l'originaria disciplina dell'art. 10
del DPR 1063/1962, integrando peraltro le disposizioni dettate dal Regolamento
generale in materia negli artt. da 129 a 132.
In
virtù della nuova regolamentazione, dunque, nell'ipotesi di mancata consegna
dei lavori nel termine stabilito o in quello successivamente fissato dal responsabile
del procedimento per colpa dell'appaltatore, si procede alla risoluzione del
contratto ed all'incameramento della cauzione.
Nel
caso invece di ritardata consegna per colpa della stazione appaltante,
l'appaltatore può chiedere di recedere dal contratto: se la richiesta è
accolta, egli ha diritto al rimborso delle spese contrattuali, ai sensi
dell'art. 112 del Regolamento, nonché delle spese sostenute e documentate, in
misura non superiore alle percentuali indicate dall'art. 9 del Capitolato
generale, calcolate sull'importo netto dell'appalto:
-
1% per la parte dell'importo fino a 500 milioni;
-
0,50% per l'eccedenza fino a 3 MD;
-
0,20% per la parte eccedente i 3 MD.
Nel
caso di appalto-integrato, il rimborso all'appaltatore si estende alle spese
sostenute per la redazione del progetto esecutivo, nell'importo quantificato
nei documenti di gara e depurato del ribasso offerto (art. 9, comma 1): ciò
costituisce il corrispettivo della proprietà del progetto che, pertanto, viene
acquisita dalla stazione appaltante.
La
richiesta di pagamento delle somme spettanti, debitamente quantificate, deve
essere inoltrata, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla data di ricezione
della comunicazione di accoglimento dell'istanza di recesso (art. 9, comma 4).
Diversamente,
se la richiesta di recesso non viene accolta e si procede a consegna tardiva,
l'appaltatore ha diritto al risarcimento dei danni dovuti al ritardo, che viene
determinato nella misura pari all'interesse legale calcolato sull'importo
corrispondente alla produzione media giornaliera prevista nel programma dei
lavori nel periodo di ritardo, calcolato dal giorno della notifica
dell'istanza.
In
tal caso, la richiesta di pagamento deve essere formulata, sempre a pena di
decadenza, mediante apposizione di riserva da iscrivere nel verbale di consegna
dei lavori e successivamente da confermare nel registro di contabilità dei
lavori, secondo le modalità prescritte dall'art. 165 del DPR n. 554/99.
Peraltro,
non va dimenticato che, ai sensi del citato DPR n. 554, qualora il ritardo per
fatto della amministrazione superi la metà del termine contrattuale, l'istanza
di recesso deve necessariamente essere accolta, con il conseguente pagamento
delle spese sostenute.
E'
opportuno altresì ricordare che le disposizioni previste per la ritardata
consegna si applicano anche nel caso di sospensione delle operazioni di
consegna disposta dalla stazione appaltante (non dovuta a causa di forza
maggiore) che si protragga per oltre sessanta giorni.
LE
VARIANTI PROGETTUALI
Gli
artt. 10, 11 e 12 del Cap. gen. disciplinano, sotto il profilo prettamente
contrattuale, le modalità di attuazione delle varianti al progetto appaltato,
completando il quadro normativo dettato in materia dalla "Legge
quadro" (art. 25 legge 109/94 e succ. mod.) e dal Regolamento generale
(artt. 134-135 e 136 DPR n. 554/99).
In
particolare, le norme contenute nel Capitolato generale ribadiscono principi
vigenti nel nostro ordinamento, introducendo tuttavia nel contempo alcune
significative innovazioni.
-
Divieto di apportare varianti da parte dell'appaltatore
Viene
riaffermato il principio secondo cui all'appaltatore è vietato apportare
qualsiasi variazione al progetto che non sia stata approvata dalla stazione
appaltante e le conseguenze della violazione di tale divieto (nessun
corrispettivo per i lavori eseguiti in variante, demolizione o rimessa in
pristino a sue spese delle opere non conformi al progetto) (art. 10, comma 1).
- Ius variandi della stazione appaltante
L'amministrazione
ha il potere di imporre all'appaltatore variazioni in aumento, nel corso
dell'esecuzione dei lavori, ma solo nei casi previsti dall'art. 25 della Legge.
Anche
nella nuova disciplina le variazioni imposte non devono mutare sostanzialmente
la natura dei lavori compresi nell'appalto (limite qualitativo) e non possono
superare il quinto dell'importo dell'appalto (limite quantitativo) (art. 10,
comma 2).
Nulla
è innovato neppure in ordine alla determinazione del quinto, per la quale
occorre considerare l'importo complessivo dell'appalto, comprensivo delle
perizie per varianti già intervenute e delle somme riconosciute a seguito di
definizione del contenzioso a titolo diverso da quello risarcitorio,
continuando a non essere considerate, ai fini della determinazione del quinto,
le variazioni in aumento delle opere relative a fondazioni (art. 10, comma 4).
Qualora
siano rispettate le condizioni sopra indicate, l'appaltatore è tenuto ad
eseguire le varianti ordinate dalla stazione appaltante agli stessi patti,
prezzi e condizioni del contratto originario, salvo il caso in cui si debbano
effettuare nuove lavorazioni o impiegare materiali diversi, nel qual caso si
procede alla formazione di nuovi prezzi, secondo la procedura prevista
dall'art. 136 del Regolamento (art. 10, comma 2).
Il
Capitolato mantiene inoltre fermo il principio dell'equo compenso
all'appaltatore, qualora le variazioni ordinate nell'ambito del sesto quinto
comportino, nelle quantità delle lavorazioni tali da produrre un notevole
pregiudizio economico, ma con una rilevante novità: viene considerata
notevolmente pregiudizievole la variazione di quantità non più rispetto alla
singola lavorazione, ma rispetto al singolo "gruppo di lavorazioni
omogenee" che supera il quinto della corrispondente quantità originaria;
ciò in applicazione del principio stabilito dall'art. 45, comma 8 del
Regolamento, secondo cui l'incidenza delle varianti è desunta dagli importi
netti dei gruppi di lavorazioni ritenuti omogenei (art. 10, commi 5 e 6).
Rimane
ferma la possibilità dell'appaltatore di formulare riserva in caso di dissenso
sulla misura del compenso stabilita dall'ente appaltante, nel frattempo
accreditato in contabilità (art. 10, comma 7).
-
Variazioni in aumento superiori al quinto
Come
noto, le varianti che comportino un aumento dell'importo contrattuale superiore
al quinto (determinato con i criteri dinanzi specificati) sono ammissibili solo
nelle ipotesi previste dall'art. 25 della Legge, ma con l'eccezione della
variazione dovuta ad errore progettuale; in tal caso, il rapporto contrattuale
è risolto ed i lavori vengono riappaltati mediante nuova gara.
In
tale contesto, il Capitolato stabilisce una specifica procedura per la
formazione del nuovo accordo contrattuale per l'ipotesi di varianti superiori
al quinto d'obbligo: il responsabile del procedimento ne da comunicazione
all'appaltatore, il quale ha dieci giorni per comunicare per iscritto le
condizioni alle quali intende assumere i nuovi lavori; in mancanza di
comunicazioni i lavori si intendono accettati alle stesse condizioni del
contratto originario.
L'amministrazione,
da parte sua, ha quarantacinque giorni per comunicare all'appaltatore le
proprie determinazioni in ordine alle nuove condizioni offerte: l'eventuale
inerzia della stazione appaltante nel termine indicato, costituisce
manifestazione tacita di accettazione delle condizioni proposte
dall'appaltatore (art. 10, comma 3).
-
Varianti in diminuzione
La
stazione appaltante mantiene il potere di ordinare l'esecuzione dei lavori in
misura inferiore a quanto previsto in contratto, nel limite di un quinto
dell'importo contrattuale, senza che per ciò spetti all'appaltatore alcuna
indennità.
Detta
potestà è estremamente ampia, posto che è esercitabile indipendentemente dalle
ipotesi previste dall'art. 25 della Legge.
A
tutela dell'appaltatore, il Capitolato precisa, con disposizione innovativa,
che la riduzione del quinto non può essere disposta dopo il raggiungimento dei
quattro quinti dell'importo contrattuale (art. 12, comma 2).
-
Varianti in diminuzione migliorative proposte dall'appaltatore
Si
tratta di una previsione innovativa che trova fondamento nella disposizione di
cui all'art. 25, comma 3, seconda parte della Legge quadro (la quale, in
verità, tratta anche delle varianti migliorative e in aumento non considerate
dal Capitolato generale)
In
sostanza essa consente all'appaltatore di proporre miglioramenti progettuali
comportanti un risparmio in termini economici, senza peraltro ridurre le
caratteristiche quantitative e qualitative dell'opera e di beneficiare delle
economie risultanti dalla variante, che vengono ripartite in parti uguali tra
l'appaltatore stesso e la stazione appaltante (art. 11, comma 1).
Le
modifiche possono riguardare aspetti funzionali, ovvero singoli elementi
tecnologici o singole componenti del progetto e non devono incidere sul tempo
di esecuzione o sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori; non devono
neppure produrre un'interruzione o rallentamento dei lavori (art. 11, comma 2).
Come
rileva la relazione di accompagnamento al Capitolato generale, si tratta di un
meccanismo incentivante, già funzionante, e con buoni risultati, in altri
paesi.
Dal
punto di vista procedurale, la proposta di variante progettuale avanzata
dall'appaltatore va presentata al D.L. che, a sua volta, nei successivi 10
giorni, la trasmette al Responsabile del procedimento, unitamente al proprio
parere in merito.
Entro
i successivi 30 giorni, il Responsabile del procedimento comunica
all'appaltatore le proprie decisioni in merito e procede eventualmente alla
stipula dell'atto aggiuntivo (art. 11, comma 3).
Le
disposizioni in parola non si applicano ai contratti affidati a seguito di
appalto-concorso, laddove la progettazione definitiva (e quindi la scelta delle
soluzioni tecniche progettuali) è effettuata direttamente dalle imprese.
PAGAMENTO
DEI DIPENDENTI DELL'APPALTATORE
Con
una disposizione parzialmente innovativa, l'art. 13 del Cap. gen. prevede che
il Responsabile del procedimento, qualora l'appaltatore non proceda nei termini
previsti al pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente, possa
invitare per iscritto l'appaltatore medesimo a provvedere in tal senso, entro
15 giorni.
Se
l'appaltatore non provvede o non contesta formalmente e motivatamente la
richiesta nel predetto termine, la stazione appaltante ha facoltà di
corrispondere direttamente le retribuzioni arretrate ai lavoratori - previo
rilascio di quietanze sottoscritte dagli interessati - detraendo il relativo
importo dalle somme dovute all'appaltatore per l'esecuzione dei lavori.
Diversamente,
se l'appaltatore contesta la richiesta della stazione appaltante, il
responsabile del procedimento è tenuto ad inoltrare le richieste e le contestazioni
all'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione per gli
accertamenti necessari.
DANNI
Gli
artt. 14 e 20 del Cap. gen., integrando le disposizioni in materia contenute
negli artt. 138 e 139 del DPR n. 554/99, disciplinano le conseguenze derivanti
da danni prodotti dai lavori in corso o causati all'appaltatore da eventi di
forza maggiore, riproducendo in larga parte le originarie previsioni contenute,
rispettivamente, negli artt. 18 e 24 del DPR n. 1063/1962.
Fermo
restando l'obbligo del responsabile del procedimento di adottare i
provvedimenti necessari a ridurre le conseguenze dannose per la stazione
appaltante sulla quale incombe la responsabilità nei confronti del terzo
danneggiato, il Capitolato generale ribadisce l'onere posto a carico
dell'appaltatore di risarcimento dei danni a terzi, determinati da mancata o
inadeguata assunzione dei necessari provvedimenti, comprese le opere
provvisionali, che gli competono (art. 14).
In
ordine ai danni subiti dall'appaltatore per eventi di forza maggiore, il
Capitolato generale prevede la specifica procedura per ottenere il
risarcimento, senza significative differenze rispetto alla previgente
disciplina.
In
particolare va segnalato che, mentre il Regolamento n. 554/99 stabilisce un
termine di decadenza, ai fini della denuncia, più ristretto che nel passato,
salvo termini diversi stabiliti dai capitolati speciali (tre giorni
dall'evento), il Capitolato generale deroga in via generalizzata alla
disposizione regolamentare, prevedendo un termine di cinque giorni dall'evento,
come nella previgente disciplina (art. 20).
PENALI
L'art.
22 del Cap. gen. disciplina le modalità di applicazione delle penali per
ritardato adempimento degli obblighi contrattuali, integrando le disposizioni
contenute nell'art. 117 del DPR n. 554/99.
In
questi termini, il Capitolato affida al Responsabile del procedimento il
compito di determinare l'entità delle penali e di comminare le stesse, sulla
base delle indicazioni fornite dal direttore dei lavori.
E'
opportuno al riguardo segnalare che, ai sensi del citato art. 117 del
Regolamento generale, le penali sono inserite nel capitolato speciale in misura
giornaliera compresa tra lo 0,3 per mille e l'1 per mille dell'ammontare netto
contrattuale e, comunque, complessivamente non superiore al 10 per cento di
detto importo, da determinare in ragione dell'entità delle conseguenze
dell'eventuale ritardo.
Come
nella previgente disciplina è ammessa la disapplicazione della penale nel caso
in cui il ritardo nell'esecuzione dei lavori non sia imputabile
all'appaltatore; ma, questa è una novità, è prevista anche la disapplicazione
parziale quando si riconosce che la penale è manifestamente sproporzionata
rispetto all'interesse della stazione appaltante, recependo le regole
civilistiche in materia (v. art. 1384 Cod. Civ.).
La
competenza a decidere sulla disapplicazione della penale è dell'organo
decisionale della stazione appaltante, su proposta del responsabile del
procedimento, sentito il direttore dei lavori ed il collaudatore.
Sebbene
non sia espressamente detto come nel previgente art. 29 del Capitolato generale
del 1962, è da ritenere che la penale vada comunque applicata sul conto finale,
essendo possibile la sua quantificazione solo dopo l'ultimazione dei lavori.
PREMIO
DI ACCELERAZIONE
Il
Capitolato generale regola gli aspetti contrattuali dell'istituto del c.d.
"premio di accelerazione" nell'esecuzione dei lavori, fatto proprio
dal Regolamento generale (art. 12), riproducendo sostanzialmente la normativa
già prevista dall'art. 12 della legge n. 741/81.
L'art.
23 disciplina, infatti, la possibilità di prevedere nel contratto il
riconoscimento in favore dell'appaltatore di un premio per ogni giorno di
anticipo sui tempi previsti per l'esecuzione dei lavori.
In
altri termini, qualora si renda apprezzabile l'interesse pubblico ad accorciare
i tempi di esecuzione dei lavori, e semprechè l'esecuzione stessa avvenga in
conformità delle obbligazioni contrattuali assunte dalle parti, nel capitolato
speciale o nel contratto può essere definito un premio in favore
dell'appaltatore, sulla base degli stessi criteri stabiliti per il calcolo
della penale (v. ante).
SOSPENSIONE
DEI LAVORI
La
materia della sospensione dei lavori trova la sua regolamentazione, oltreché
nell'art. 133 del Regolamento, negli artt. 24 e 25 del Capitolato generale e
presenta rilevanti novità rispetto alla disciplina antecedente (cfr. art. 30,
DPR n. 1063/1962).
-
Cause di sospensione dei lavori
Come
nel passato, la sospensione dei lavori è ammessa, in primo luogo, in caso di
avverse condizioni climatiche, cause di forza maggiore ed altre circostanze
speciali.
La
prima novità consiste nel riconoscimento, come causa di sospensione legittima,
della perizia di variante (ciò che già era riconosciuto dalla giurisprudenza),
ma, ovviamente, rientrano tra le circostanze speciali che legittimano la
sospensione esclusivamente le varianti dovute a cause sopravvenute ed in nessun
modo imputabili alla stazione appaltante, quali quelle previste dalla lettera a)
(sopravvenute disposizioni normative), dalla lettera b) (cause impreviste e
imprevedibili da accertare nei modi stabiliti dal Regolamento e possibilità di
utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della
progettazione), dalla lettera b-bis) (eventi relativi alla specificità dei beni
su cui si interviene e rinvenimenti) e dalla lettera c) (sorpresa geologica)
del comma 1 dell'art. 25 della Legge n. 109/94 e successive modifiche.
Anzi,
nei casi indicati sotto le lettere b-bis) e c) le circostanze che danno luogo
alla variante sono da considerare cause di sospensione legittima solo qualora
dipendano da fatti non prevedibili al momento della conclusione del contratto
(e non semplicemente "non previsti", nel qual caso, è da ritenere che
la conseguente sospensione sia illegittima) (art. 24, comma 1).
In
ogni caso dà sempre luogo a sospensione illegittima, e quindi al risarcimento
dei danni nei modi previsti dall'art. 25 del Capitolato, la variante dovuta a
causa imputabile alla stazione appaltante, come nell'ipotesi di errore od
omissione progettuale di cui alla lettera d) dell'art. 25, comma 1 della Legge
quadro.
L'altra
ipotesi di sospensione legittima si verifica, come nel passato, nel caso di
ragioni di pubblico interesse o necessità (art. 24, comma 4).
-
Procedura
Rispetto
alla disciplina contenuta nell'art. 133 del Regolamento, il Capitolato generale
si preoccupa di individuare i limiti temporali della sospensione legittima.
La
sospensione disposta per circostanze speciali cessa con il cessare della causa
relativa, ma nel caso di perizia di variante si precisa che il tempo deve
essere adeguato alla complessità delle modifiche da apportare al progetto (art.
24, comma 2).
E'
poi previsto un meccanismo che consente all'appaltatore di attivare la stazione
appaltante non appena ritenga cessate le cause di sospensione, attraverso una
diffida scritta al responsabile del procedimento affinché ordini al direttore
dei lavori la ripresa degli stessi: la diffida è condizione necessaria per iscrivere
riserva all'atto della ripresa dei lavori, al fine di ottenere il risarcimento
dei danni provocati dalla illegittima maggiore durata della sospensione (art.
24, comma 3).
Anche
nel caso di sospensione per motivi di pubblico interesse la sospensione cessa
con il cessare di questi ultimi, ma, come per il passato, qualora abbia una
durata superiore ad un quarto della durata dei lavori o a sei mesi complessivi,
l'appaltatore può chiedere lo scioglimento del contratto senza indennità e solo
nel caso di diniego della stazione appaltante ha diritto al risarcimento dei
danni dovuti al prolungamento della sospensione (art. 24, comma 4).
La
durata della sospensione, che non sia dovuta a fatto imputabile
all'appaltatore, non è calcolata nel tempo fissato per l'esecuzione dei lavori
(art. 24, comma 6).
In
caso di sospensione parziale dei lavori, risultante da apposito verbale, si
determina un differimento dei termini contrattuali correlato alla durata della
sospensione ed al rapporto tra ammontare dei lavori non eseguiti per effetto
della sospensione ed importo totale dei lavori previsto nello stesso periodo
secondo il programma (art. 24 comma 7).
-
Sospensione illegittima
In
tutti i casi in cui la stazione appaltante disponga la sospensione dei lavori
per cause diverse da quelle precedentemente illustrate (ad es.: per la
necessità di predisporre una perizia di variante dovuta ad errore di
progettazione), la sospensione è considerata illegittima. In tale ipotesi si
configura un inadempimento contrattuale del committente che lo obbliga al
risarcimento del danno sopportato dall'appaltatore.
L'art.
25 del Capitolato effettua una preventiva determinazione in misura forfettaria
del danno risarcibile, in conformità a quanto prevede l'art. 1382 del codice
civile, in tema di clausola penale, ma ammettendo, come vedremo, la
risarcibilità di danni ulteriori.
E'
questa una disposizione assolutamente innovativa, che tende a predeterminare le
conseguenze degli aspetti praticabili del rapporto contrattuale, laddove nella
previgente disciplina la determinazione del danno era interamente lasciata
all'applicazione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza per lo più
arbitrale.
In
particolare, le voci di danno oggetto di determinazione forfettaria secondo i
criteri dettati dall'art. 25 riguardano le spese generali, il mancato utile, il
mancato ammortamento dei macchinari in cantiere, le retribuzioni corrisposte al
personale.
Le
spese generali sono calcolate nella misura del 6,5% (metà della percentuale
minima prevista dal Regolamento) e rapportate alla durata della sospensione.
Quanto
al mancato utile, viene riconosciuta la ritardata percezione dell'utile di
impresa, nella misura pari all'interesse di mora (il cui saggio è fissato
annualmente con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici e del Ministro del
Tesoro) computato sulla percentuale di utile (10%) rapportata alla durata della
sospensione.
Relativamente,
infine, al mancato ammortamento ed alle retribuzioni, essi si riferiscono
esclusivamente ai macchinari ed al personale la cui presenza in cantiere e
consistenza sia stata accertata dal direttore dei lavori nel verbale di
sospensione e nelle successive visite che deve effettuare ai sensi dell'art.
133 del Regolamento. L'ammortamento è determinato in base ai coefficienti annui
fissati dalle norme fiscali.
Come
già accennato, oltre ai danni determinati in misura forfettaria secondo i
predetti criteri, è ammesso il risarcimento di ulteriori voci di danno, purché
documentate e strettamente connesse alla sospensione dei lavori.
PROROGHE
Nel
confermare sostanzialmente il contenuto dell'originario art. 31 del DPR n.
1063/1963, l'art. 26 del Cap. gen. disciplina la concessione di proroghe per
l'ultimazione dei lavori.
In
tale contesto, significativo rilievo assume, in particolare, la norma di cui al
comma 3 della disposizione in parola, che concede ora un termine di 30 giorni
al Responsabile del procedimento per autorizzare la richiesta di proroga,
sentito il D.L.
E'
da ritenere che nell'ipotesi di inerzia del responsabile del procedimento, l'appaltatore
possa esperire gli ordinari rimedi previsti dall'ordinamento vigente
(costituzione di messa in mora e conseguente eventuale impugnativa del
"silenzio-rigetto" dell'amministrazione).
CONTABILITA'
DEI LAVORI IN CORSO D'OPERA
Ad
integrazione delle disposizioni in materia di contabilità dei lavori introdotte
con il DPR n. 554/99, il nuovo Capitolato generale d'appalto conferma le
previsioni contenute negli artt. 20 e 34 del D.P.R. n. 1063/1962, circa le
modalità di contabilizzazione dei lavori nel caso di:
-
utilizzo di materiali con caratteristiche superiori a quelle prescritte
contrattualmente o in caso di esecuzione di lavori più accurata da parte
dell'affidatario delle prestazioni (art. 15);
-
impiego di materiali o componenti carenti nella dimensione, nella consistenza o
nella qualità, ovvero esecuzione di lavorazioni di minor pregio, ancorché
autorizzate dal direttore dei lavori, per ragioni d'urgenza o convenienza (art.
15);
-
utilizzo di manufatti di valore superiore alla spesa per la relativa messa in
opera, ovvero di materiali approvvigionati a piè d'opera (art. 28).
Nel
primo caso, l'appaltatore non avrà diritto ad alcun aumento dei prezzi e la
contabilità sarà redatta come se i materiali avessero le caratteristiche
stabilite in contratto.
Nel
secondo caso, in sede di contabilizzazione, andrà operata una adeguata
riduzione del corrispettivo d'appalto, semprechè le opere siano accettabili
senza pregiudizio e fatte salve le decisioni finali dell'organo di collaudo.
Nel
terzo caso, si conferma la possibilità che nel capitolato speciale venga
indicato il prezzo a piè d'opera dei manufatti ed il loro accreditamento in
contabilità prima della messa in opera, in misura non superiore al 50% del
prezzo stesso; per i materiali provvisti a piè d'opera valutati a prezzo di
contratto o, in difetto, a prezzi di stima, si prevede la contabilizzazione al
50% del loro importo in aggiunta al corrispettivo dei lavori eseguiti, salva
diversa pattuizione.
TERMINI
DI PAGAMENTO DEGLI ACCONTI E DEL SALDO - INTERESSI PER RITARDATO PAGAMENTO
Gli
artt. 29 e 30 del Cap. gen. completano la disciplina in tema di pagamento dei
corrispettivi d'appalto contenuta nel Regolamento generale.
Quest'ultimo
ha, infatti, confermato la possibilità che, nella fase esecutiva dei lavori,
siano corrisposti all'appaltatore, in base alle risultanze contabili, acconti
sul corrispettivo d'appalto nei termini stabiliti dal capitolato speciale ed a
misura dello stato di avanzamento dei lavori redatto dal D.L. (art. 114 Reg.
gen.).
In
particolare, il DPR n. 554/99 dispone che i certificati di pagamento delle rate
di acconto sono emessi dal responsabile del procedimento, sulla base dei
documenti contabili, non appena scaduto il termine indicato nel capitolato
speciale o non appena raggiunto l'importo previsto per ogni rata.
Il
Capitolato generale, nel riprodurre sostanzialmente la disciplina
originariamente contenuta negli artt. 33, 35 e 36 del DPR n. 1062/1962, prevede
termini precisi entro i quali l'amministrazione appaltante deve provvedere, decorsi
i quali matura il diritto dell'impresa al riconoscimento degli interessi (fermo
restando che i capitolati speciali e i contratti possono stabili termini
inferiori).
Prima
di specificare, nel dettaglio, la disciplina introdotta dagli artt. 29 e 30, si
ritiene utile, tuttavia, precisare che gli interessi sono applicati nella
misura del saggio legale per ciascun anno, per un primo periodo di moratoria e,
in caso di ritardo prolungato, nella misura fissata annualmente con decreto del
Ministro del Tesoro e dei Lavori Pubblici (cfr. Circ. ANCE n. 129 del 9 maggio
2000).
Venendo
ora alle modalità di calcolo degli interessi per ritardato pagamento degli
acconti, occorre tener conto che il certificato di pagamento dei medesimi deve
essere emesso dal responsabile del procedimento entro 45 giorni dalla data di
effettiva "maturazione" di ogni stato di avanzamento dei lavori (cfr.
art. 29, comma 1).
Ciò
si traduce nella indicazione che il termine di decorrenza dei suddetti 45 gg. è
costituito dalla data di raggiungimento in contabilità di un importo di lavori
eseguiti corrispondente all'entità del S.A.L. prestabilito nel capitolato
speciale.
Qualora
il certificato di pagamento delle rate di acconto non sia emesso entro il
termine predetto, per causa imputabile alla stazione appaltante, spettano
all'appaltatore gli interessi legali sulle somme dovute, fino alla data di
emissione del certificato medesimo. Se tale emissione ritarda per oltre 60
giorni, dal giorno successivo a tale scadenza sono dovuti gli interessi di mora
(art. 30, comma 1).
Dunque,
per ogni giorno di ritardo, fino a 105 gg., sono dovuti gli interessi legali,
oltre i 105 gg. quelli di mora, fissati, come detto, con decreto ministeriale.
Come
è noto, una volta emesso il certificato di pagamento, occorre, per la materiale
corresponsione del dovuto, che venga emesso anche il titolo di spesa ovvero il
mandato di pagamento.
Per
quest'ultimo, la stazione appaltante ha 30 giorni di tempo dall'emissione del
certificato di pagamento per provvedere (art. 29, comma 1); se non rispetta
tale scadenza, deve corrispondere, analogamente al caso precedente, gli
interessi legali sino al 90° giorno di ritardo, e quelli di mora per il periodo
successivo (art. 30, comma 2).
Per
ottenere il materiale pagamento il Capitolato, in pratica, considera due
adempimenti preliminari successivi, per ognuno dei quali è previsto un termine
"libero" e successivi periodi in cui corrono gli interessi in misura
diversificata; i due adempimenti rimangono distinti, nel senso che, se per
ipotesi il certificato di pagamento viene emesso dopo 120 giorni e il titolo di
spesa al 211° giorno, dal computo dei giorni produttivi di interessi dovranno
essere sottratti non solo i primi 45 giorni "liberi", ma anche i
successivi 30 necessari all'emissione del certificato.
Ricorrendo
ad uno schema esemplificativo:
-
primi 45 giorni nessun interesse - dal 45° al 105° interesse legale -
dal 105° al 120° interessi di mora - dal 120° al 150° nessun interesse - dal
150° al 210° interesse legale - dal 210° al 211° interessi di mora
Il
termine di pagamento della rata di saldo (e di svincolo della garanzia
fidejussoria) non può invece superare i 90 giorni dall'emissione del
certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione
(art. 29, comma 2).
Se
l'appaltatore non ha rilasciato la garanzia fidejussoria, il termine di 90
giorni decorre dalla data di presentazione della garanzia stessa.
Qualora,
invece, il pagamento della rata di saldo non avviene nel termine anzidetto, per
causa imputabile alla stazione appaltante, spettano all'appaltatore gli
interessi legali sulle somme dovute; se il ritardo supera i 60 giorni, dal
termine stesso sono dovuti gli interessi moratori (art. 30, comma 3).
Si
segnala altresì che, ai sensi dell'art. 116 del Regolamento generale, gli
interessi sono conteggiati e corrisposti in occasione del pagamento in conto e
a saldo immediatamente successivo a quello effettuato in ritardo, senza che sia
necessario apporre riserve o formali domande in tal senso.
La
disciplina sugli interessi per ritardato pagamento non contiene più l'espressa
previsione della nullità degli eventuali patti in deroga, come stabiliva l'art.
4 della legge n. 741/81: si ritiene, peraltro, che una siffatta disposizione
sarebbe stata superflua, dal momento che l'art. 1 sancisce l'inderogabilità di
tutte le disposizioni del Capitolato stesso.
DEFINIZIONE
DELLE CONTROVERSIE
Gli
artt. 31, 32, 33 e 34 del nuovo Capitolato generale affrontano il tema del
contenzioso, con particolare attenzione alle problematiche connesse alla
definizione delle riserve in corso d'opera.
Riaffermando
principi consolidati nel nostro ordinamento, il Capitolato chiarisce
innanzitutto che le riserve devono essere sempre iscritte a pena di decadenza
sul primo atto idoneo a riceverle, successivo al fatto che ha determinato il
pregiudizio dell'appaltatore ed anche nel registro di contabilità dei lavori,
sempre a pena di decadenza, all'atto della firma successiva al verificarsi
degli eventi che le hanno fatte insorgere (art. 31, comma 2).
Inoltre,
le riserve non possono essere generiche, devono essere adeguatamente motivate e
devono indicare la somma che l'appaltatore ritiene gli sia dovuta (art. 31,
comma 3).
In
particolare, la riserva va quantificata fin dall'inizio in modo definitivo,
salva la possibilità di aggiornamento del relativo importo, ai sensi dell'art.
174 del Regolamento generale, in sede di conto finale, nel quale vanno
espressamente riconfermate, a pena di decadenza.
Qualora
l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della
formulazione della riserva, l'appaltatore è tenuto a provvedervi entro 15
giorni, sempre a pena di decadenza (v. anche art. 165 Reg.).
In
ogni caso è stabilito che le riserve che non siano state oggetto di procedura
di accordo bonario, ex art. 31-bis della legge n. 109/94 e succ. mod., sono
definite dalla stazione appaltante al momento del collaudo (art. 32, comma 1).
L'innovazione della disciplina contenuta nel Capitolato generale consiste,
oltre che nell'aver fissato dei termini entro cui l'amministrazione deve
provvedere, nell'aver sganciato l'esame delle riserve dall'approvazione del
collaudo consentendo, pertanto, il ricorso all'arbitrato, in caso di inerzia
della stazione appaltante, indipendentemente dai tempi del collaudo.
Infatti,
la stazione appaltante deve esaminare e deliberare sulle riserve entro novanta
giorni dalla trasmissione degli atti di collaudo al responsabile del
procedimento da parte del collaudatore. Nel caso in cui sia decorso inutilmente
il termine previsto dalla Legge per il collaudo, l'appaltatore ha facoltà di
chiedere che siano comunque definite le riserve e dalla notifica della istanza
decorre il termine di novanta giorni per la determinazione della stazione
appaltante (art. 32, comma 2).
In
ogni caso, qualora l'amministrazione non deliberi nel termine assegnatole, è
possibile il ricorso all'arbitrato o al giudice ordinario.
In
caso di determinazione della stazione appaltante, questa comunica l'importo
offerto all'appaltatore ai fini della accettazione e da tale ultimo atto
decorre il termine di sessanta giorni per il pagamento, il cui inutile decorso
è sanzionato con la decorrenza degli interessi legali (art. 32, comma 3).
Il
fatto che la disposizione parli di "importo offerto" e di
"accettazione" fa ritenere che anche in questo caso, come
nell'ipotesi di accordo bonario ex art. 31 bis, si sia in presenza di una
transazione, con la conseguente perdita - in caso di accettazione da parte
dell'appaltatore - dell'azione per far valere giudiziariamente le ulteriori pretese
non riconosciute dalla stazione appaltante.
Qualora,
invece, l'appaltatore non intenda accettare la somma offerta, potrà ricorrere
al giudice o al collegio arbitrale, proponendo domanda entro sessanta giorni
dalla comunicazione della stazione appaltante (art. 33).
Con
disposizione innovativa, il Capitolato nega inoltre la possibilità - nel
momento in cui si fanno valere in arbitrato (ma la regola vale anche nel caso
di azione davanti al giudice ordinario) pretese che siano già state oggetto di
riserva - di maggiorarne l'importo.
E'
confermata altresì la previsione contenuta nell'art. 32 della Legge n. 109/94 e
successive modifiche, ai sensi della quale possono essere deferite ad arbitri
tutte le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto, comprese quelle
non risolte in via transattiva per mancato raggiungimento dell'accordo.
Al
riguardo, il Capitolato precisa che il ricorso all'arbitrato deve essere
comunque previsto dalle parti in una clausola compromissoria contenuta negli
atti contrattuali e, più precisamente, nel contratto o negli atti di gara (art.
34).
In
mancanza, le parti possono comunque decidere il ricorso agli arbitri all'atto
della controversia mediante apposito accordo (compromesso).
Il
giudizio arbitrale si dovrà svolgere secondo le modalità procedurali che
saranno stabilite nell'emanando decreto del Ministro dei lavori pubblici, di
concerto con il Ministro della giustizia, istitutivo della Camera Arbitrale,
previsto specificamente dall'art. 32 della legge 109/94 e succ. mod..
COLLAUDO
In
tema di collaudo, l'art. 37 del Capitolato integra le norme regolamentari del
DPR n. 554/99 stabilendo, in particolare, che:
-
l'appaltatore è svincolato automaticamente dall'obbligo della polizza
assicurativa, decorso il termine previsto dal collaudo, senza che questo sia
stato effettuato;
-
sono poste a carico dell'appaltatore le spese di visita del personale della
stazione appaltante per verificare l'eliminazione delle mancanze rilevate
dall'organo di collaudo. Tali spese sono prelevate dall'importo della rata di
saldo spettante all'impresa.
***
*** ***
ULTERIORI
DISPOSIZIONI
·
Le disposizioni regolamentari contenute negli artt. 2 (Domicilio dell'appaltatore),
3 (Indicazione delle persone che possono riscuotere), 4 (Condotta dei lavori da
parte dell'appaltatore), 5 (Cantieri, attrezzi, spese ed obblighi generali a
carico dell'appaltatore), 6 (disciplina e buon ordine dei cantieri) e 8 (Spese
di contratto, di registro ed accessorie) riproducono in larga parte,
rispettivamente, le disposizioni di cui agli artt. 6-8-9-11-16-15 e 9 del
Capitolato generale del 1962.
Tuttavia,
rispetto alla previgente disciplina si segnalano, in particolare, le seguenti innovazioni:
-
in caso di cessione del corrispettivo d'appalto (artt. 26 della Legge n. 109/94
e 115 del DPR n. 554/99), il relativo atto di cessione deve specificare le
generalità del concessionario ed il luogo del pagamento delle somme cedute
(art. 3, comma 3);
-
la facoltà concessa alla stazione appaltante di esigere la sostituzione del
rappresentante dell'impresa, previa comunicazione all'appaltatore e senza
indennità alcuna in favore di quest'ultimo o del rappresentante stesso, può
essere ora esercitata solamente "quando ricorrano gravi e giustificati
motivi" (art. 4, comma 4);
-
dal prezzo dei lavori sono escluse - e quindi non sono poste a carico
dell'appaltatore - le spese relative alla sicurezza nei cantieri (art. 5, comma
1, lett. a)), mentre sono ricomprese in detto prezzo le spese di adeguamento
del cantiere alle norme del D.L.vo 626/94 (art. 5, comma 1, lett. i));
-
la direzione del cantiere è assunta dal Direttore tecnico dell'impresa o da
altro tecnico all'uopo incaricato, con delega conferita da tutte le imprese
operanti in cantiere, nell'ipotesi di appalto affidato ad ATI o consorzio (art.
6).
·
Anche gli artt. 15, 16, 17 e 18 ricalcano, senza apprezzabili differenze, il
contenuto delle disposizioni di cui agli artt. 20, 21, 22 e 23 del DPR n. 1063/1962.
In
particolare, sono trattate le modalità di accettazione, qualità ed impiego dei
materiali (art. 15), la provvista dei materiali (art. 16), la sostituzione dei
luoghi di provenienza dei materiali previsti in contratto (art. 17), i difetti
di costruzione (art. 18).
In
tale contesto, appaiono significative due precisazioni inerenti:
-
la possibilità per la direzione lavori e l'organo di collaudo di disporre, a
carico dell'appaltatore, ulteriori prove e analisi sui materiali, rispetto a
quelle previste dal capitolato speciale d'appalto (art. 15, comma 8);
-
l'impossibilità di cambiare i luoghi di provenienza dei materiali, se indicati
negli atti contrattuali, senza l'autorizzazione scritta del direttore dei
lavori e l'approvazione del responsabile del procedimento (art. 17, comma 3).
·
Con una altra disposizione innovativa, il Capitolato generale precisa poi che
l'appaltatore mantiene comunque la responsabilità delle opere, anche se nel
corso dell'esecuzione dei lavori sono state effettuate verifiche e controlli da
parte della stazione appaltante (art. 19).
·
La disciplina inerente la fase di ultimazione dei lavori, prevista all'art. 21,
ricalca sostanzialmente quella contenuta nell'art. 29 del Capitolato generale
del 1962.
·
L'art. 27 del Cap. gen. riproduce le originarie previsioni dell'art. 32 del DPR
n. 1063/1962 disciplinando compiutamente la durata giornaliera dei lavori.
In
quest'ottica, ferma restando la normativa in materia di lavoro, la norma
ammette, da un lato, la possibilità per l'appaltatore di lavorare in modo
continuativo, ovviamente mediante turni, dandone comunicazione al direttore dei
lavori e senza diritto a maggiorazione dei prezzi contrattuali; dall'altro, la
facoltà della stazione appaltante di imporre con ordine scritto all'appaltatore
detta continuità di lavoro, riconoscendogli in tal caso un ristoro per il
maggior onere.
-
La proprietà dell'amministrazione pubblica sugli oggetti ritrovati e sui
materiali da demolizione è stabilita dagli articoli 35 e 36 del nuovo
Capitolato, che ricalcano gli articoli 39 e 40 del DPR 1063/1962;
all'appaltatore spetta il rimborso delle spese per la conservazione degli
oggetti ritrovati e, se in virtù del contratto dovesse divenire proprietario
dei materiali da demolizione, il prezzo convenzionale loro attribuito è dedotto
dal corrispettivo contrattuale dei lavori.
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