RIFIUTI -
MATERIALI DA SCAVO - CHIARIMENTI
La
sentenza n. 2419 del 24 agosto 2000 in merito alla gestione dei materiali da
scavo, anche se ha avuto grande risonanza in alcuni organi di stampa, non
incide sul regime delle terre da scavo attualmente in vigore.
1.
I
materiali che provengono dallo scavo preordinato alla realizzazione delle
costruzioni ha sollevato un ampio dibattito fin dall'entrata in vigore del Decreto
legislativo 22/97 e ha subìto le vicende del regime transitorio dei mercuriali
ossia dei residui della lavorazione individuati nelle Borse merci.
Conclusosi
il regime transitorio, rimane l'attuale quadro normativo il quale prevede
all'articolo 7, comma 3, del Decreto legislativo 22/97 che i materiali
pericolosi provenienti dallo scavo sono rifiuti e sono, pertanto, da ritenersi
esclusi dal regime dei rifiuti i materiali da scavo non pericolosi.
I
materiali che provengono dallo scavo preordinato alla costruzione hanno,
infatti, le stesse caratteristiche dei materiali che vengono estratti dalle
cave, come si evince dalla norma UNI 10006 che regolamenta la tecnica di
impiego delle terre ai fini della costruzione e manutenzione delle strade.
Pertanto,
considerato il quadro normativo, si è reso necessario trovare a monte un
meccanismo per distinguere i materiali provenienti dallo scavo pericolosi da
quelli non pericolosi.
Il
parere del Ministero dell'ambiente, emanato lo scorso mese di settembre, è
intervenuto proprio allo scopo di ribadire l'interpretazione dell'art. 7, comma
3, D.L.vo 22/97 e di fornire indicazioni per distinguere le terre da scavo
pericolose da quelle non pericolose.
L'Ufficio
Legislativo ritiene che debbano essere considerati rifiuti le terre da scavo
che abbiano concentrazioni di inquinamento superiori ai limiti di
accettabilita' stabiliti dal D.M. 471/99 contenente il regolamento per la
bonifica dei siti inquinati, con particolare riferimento alla Tabella 1 ed alla
destinazione d'uso dell'area a verde pubblico, privato e residenziale.
La
nota sostiene che, invece, non sono regolati dal regime dei rifiuti quelle
terre che presentano concentrazioni inquinanti inferiori ai limiti stabiliti
dal D.M. 471/99 semprechè non vengano conferiti in discarica.
L'Ufficio
Legislativo afferma altresì che le terre da scavo possono sempre essere
riutilizzate direttamente nel sito dove sono state prodotte, poiche' in questa
ipotesi non si determina alcun rischio di trasferimento di sostanze inquinanti
in altri siti e, quindi, non si ravvedono le esigenze del controllo ai fini
ambientali.
Nell'ipotesi
che siano superati i limiti di concentrazione, permane l'obbligo di provvedere
alla bonifica del terreno quando ricorrano le condizioni previste dalla stessa
normativa sulla bonifica dei siti inquinati (D.L.vo 22/97 e D.M. 471/99).
Tali
conclusioni derivano dalla convinzione che il legislatore abbia inteso
affermare un "concetto sostanziale di pericolosita'" connesso alle
concentrazioni inquinanti che rappresentino un rischio per la tutela della
salute e dell'ambiente e determinino l'esigenza di controllo sulla destinazione
finale di tali materiali.
2.
E'
intervenuta poi la pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione
penale pronunciata nel giugno scorso.
Dalla
sentenza emergono tre aspetti diversi: il primo consistente nella affermazione
che tutti i materiali da scavo sono rifiuti perché provengono da un'attività
preordinata alla costruzione ossia: lo scavo non è avvenuto per svolgere
un'operazione di estrazione di materiale, ma per realizzare la costruzione.
La
definizione di rifiuto, peraltro, non può essere dibattuta su questo piano, ma
partendo dall'assunto dell'art. 6 del D.Lgs. 22/97: è rifiuto qualsiasi
sostanza di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di
disfarsi che trova un concreto riscontro nell'introduzione al catalogo europeo
dei rifiuti: "un materiale figurante nel catalogo non è in tutte le
circostanze un rifiuto, ma solo quando soddisfa la definizione di
rifiuto".
Quali
sono le circostanze nelle quali una sostanza è un rifiuto? Quando un detentore
ha l'obbligo di disfarsene perché contiene sostanze pericolose (rifiuti
pericolosi che derivano da attività di scavo) oppure quando se ne disfa o abbia
deciso di disfarsene.
Se
ne disfa quando lo porta in discarica o quando lo porta all'impianto di
trattamento perché non può utilizzarlo senza che avvenga una qualsiasi forma di
trattamento.
Perciò
ogni volta che non sussista l'obbligo di disfarsi del residuo e questo venga
riutilizzato tale e quale si concretizza la prova che il suo detentore non lo
considera un rifiuto.
Il
secondo aspetto, strettamente collegato al primo, che emerge dalla sentenza è
che il criterio soggettivo che dà la connotazione di rifiuto dipende
dall'atteggiamento del produttore che manifesta la sua volontà di abbandonare o
meno il rifiuto. Nel caso di specie, afferma la sentenza, il materiale non è
stato riutilizzato ed è stato abbandonato perché conferito in una cava dismessa
che veniva considerata discarica anche se non autorizzata.
Santoloci
nel suo commento alla sentenza della Corte pubblicato sul Bollettino di
informazione normativa n. 70, ribadisce questo principio: il concetto di
abbandono è geneticamente propedeutico per la definizione di rifiuto.
Il
terzo aspetto è quello che la discarica è abusiva: infatti come la sentenza
della Corte ribadisce per effetto di una condotta ripetuta i rifiuti venivano
scaricati in un'area che risultava essere un deposito di rifiuti non
autorizzato in quanto tale operazione non poteva essere configurata come un
ripristino morfologico perché non vi erano i presupposti del ripristino
consistenti nell'autorizzazione idonea per questo tipo di intervento.
Pertanto
la sentenza della Corte ha ribadito che si definisce rifiuto quel materiale che
il produttore vuole abbandonare (discarica anche se in questo caso abusiva),
mentre non si definisce rifiuto quando viene utilizzato per il ripristino di
una cava autorizzata semprechè non vi siano tracce di rifiuti che non possono
essere riutilizzati senza un precedente trattamento.
Peraltro
per superare definitivamente qualsiasi dubbio interpretativo l'Associazione ha
promosso, in occasione dell'esame del disegno di legge sulle norme in campo
ambientale, un emendamento tendente a chiarire definitivamente il regime dei
materiali da scavo provenienti dai siti non inquinati.
riori
ai limiti stabiliti dal D.M. 471/99 semprechè non vengano conferiti in
discarica.